Si tratta, adesso, di un primo passo doveroso dopo il tempo dei raccomandati e delle segnalazioni. È brutto dirlo ma se siamo a dei livelli di mancanza di copertura del personale pubblico, nel caso particolare del sanitario, è perché sempre più ognuno dei medici e degli infermieri si è messo ancorato al posto pubblico per puro stipendificio. Come farebbe chiunque.
E sotto un certo aspetto è colpa della politica, che avrebbe dovuto creare dei meccanismi alternativi al pensionamento per fare in modo che nuove forze si alternassero a quelle presenti. Il pensionamento non può più essere la sola alternativa al lavoro dei dipendenti pubblici. Si potrebbe creare un sistema di tassazione agevolato, che è più economico di dare soldi a ufo con delle pensioni, e permettere ad un medico o ad uno specialista di continuare ad avere una vita attiva, visto che il lavoro per molte delle persone è la propria vita, ma allo stesso tempo lasciare spazio a nuove forze del mondo del lavoro.
Perchè se da un lato esisterebbe un pubblico funzionante, dall’altro ci sarebbe un privato che offrirebbe alternativa e allo stesso tempo non metterebbe nell’angolo tutta quella forza lavoro che avrebbe ancora un futuro se gli si permettesse di lavorare anche se in privato.
Lo Stato italiano si perde a dare dei soldi alla gente senza un vero motivo grave, quando invece con pochi aggiustamenti fiscali e contributivi mirati e non generalizzati offrirebbe quello che nella matematica è la quadratura del cerchio. Cioè qualcosa che parte da una realtà di un tipo e sempre più trova aggiustamenti. Ma per lo meno parte da qualcosa di nuovo, piuttosto di abusare del vecchio.
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30 giugno: Un vero bamboccione non è uno stereotipo comune
Ho simpaticamente letto una intervista in cui l’intervistato di turno, persona di livello e non il semplice passante della strada anche se sinceramente non mi ricordo chi fosse, su un quotidiano nazionale ha affermato che i ragazzi di oggi sono degli emeriti scrocconi e degli irresponsabili, incapaci di prendersi delle responsabilità più o meno da adulto.
Ottimo. Ma forse si è rimasti ancorati a delle situazioni in cui non si tiene conto dei nuovi modelli sociali e familiari, che sotto un certo aspetto riprendono schemi del passato. E’ come se oggigiorno si pretendesse di mantenere la tradizione sposalizia di collezionare l’argenteria anche se poi alla fine non se ne facesse nulla nessuno. Da qui il cambiamento della vita dei trentenni: uscire di casa non è più una cosa obbligatoria.
Oggigiorno un trentenne/quarantenne non percepisce più uno stipendio cosi adeguato da potersi permettere una vita da solo o con la propria moglie e i propri figli. Oggigiorno non ci si può permettere tutti una badante per guardare i propri genitori anziani. Oggigiorno, cosa che si tiene in considerazione solo quando pare e piace, ci sono un mare di persone che lavorano ma non ce la fanno a racimolare il famoso pranzo e la famosa cena della canzone di Jovanotti. Quindi si prega di andare in giro dalla gente e vedere veramente quelli che sono i nuovi modelli sociali della vita comune: le famiglie si fanno forza tra di loro di generazione in generazione alle volte in una sola casa.
Prima di pontificare quello che veramente deve fare un ragazzo oggigiorno si pregherebbe conoscerli i ragazzi moderni, che combattono contro i datori di lavoro che sempre più pagano poco ma pretendono tanto, i proprietari di casa, che fanno affitti sempre più alti e no sentono molte scuse se un affittuario non paga il suo affitto regolarmente. E soprattutto i genitori dei ragazzi, sempre bisognosi di un aiuto ma incapaci anche loro di affidarsi agli operai e ai tecnici per i costi troppo elevati delle loro prestazioni.
5 giugno: La RAI e le leggi sugli stipendi: vantaggio per Mediaset?
C’è una autentica giustizia nel voler mettere a chi lavora per il servizio pubblico un tetto massimo per far spendere di stipendio una cifra contenuta rispetto alle esagerazioni al limite del faraonico. Ma se da un lato c’è una giustizia, dall’altro c’è una ingiustizia molto forte, cioè quella che chi vuole e vorrà lavorare per il servizio pubblico non avrà lo stesso appeal, lo stesso fascino di chi lavorerà per la concorrenza privata. Che poco gliene frega di mettere un tetto ai propri stipendi.
Ci sarebbe soltanto un caso: il servizio privato, rendendosi conto come fece osservare Milena Gabanelli in uno dei suoi articoli di focus sul Corriere della Sera che non può esagerare con la pubblicità, mette un tetto alla sua capacità di pubblicità pena inquinamento pubblicitario. E il perché è molto semplice: la pubblicità è come la spezia o le spezie dentro una pietanza. Infatti, come sanno accuratamente tutte le massaie del mondo non solo italiane, se ad un pezzo di carne o ad un altro cibo metti più spezie del possibile, la pietanza diventa sicuramente saporita, ma saprà solo di spezia. Come se uno mangiasse spezia pura e dura.
Forse, in un futuro possibile, la tv privata capirà che la gente non può essere bombardata di pubblicità come succede adesso. Non soltanto per la quantità, ma anche perché oggi la pubblicità è veicolata meglio attraverso Internet e le società sempre più preferiranno quel veicolo. Quindi se Mediaset e tutte le altre tv private riescono a leggere queste poche righe, capiscano che hanno anche loro da adottare un codice etico della pubblicità sulle proprie reti. Come la Rai capisca che se si tira troppo la cinghia sempre più spariranno volti interessanti per la propria capacità di attirare pubblico a discapito dei propri profitti in quanto azienda come le altre. Peggio ancora se per la Rai si facessero le cose con una legge. Più che per la ennesima legge, per la ennesima volta si decide qualcosa al di fuori del mercato.