Archivio mensile:gennaio 2022

La liturgia della elezione del Capo dello Stato

Matteo Renzi l’ha detta giusta: in questo momento si sta svolgendo una liturgia. Infatti la votazione del Presidente della Repubblica, del Capo dello Stato, assomiglia molto ad una cerimonia in cui un ristretto corpo di persone svolge un compito. Un compito che si può o meno interpretare, come stanno facendo alcune dirette televisive e internettiane. Ma un compito.

Per certi versi, non si può non affermarlo, molto lontano. Lontano da un consenso delle persone, dei cittadini votanti, che magari vorrebbero essere più partecipi a questa scelta importante. Lontano da una base di caratteristiche a cui accedervi, come è necessario per diventare deputato o senatore, per cui servono dei requisiti base. E infine lontano dal passato, in cui le condizioni sociali e politiche hanno visto diverse svolte e diversi ribaltamenti.

Se si toglie questa liturgia, questa votazione intermedia, si passa ad un semipresidenzialismo alla francese o ad un presidenzialismo all’americana. Dove il Capo di Stato lo scelgono i cittadini e non i loro rappresentanti nel parlamento o nelle amministrazioni locali.

Così come si sta svolgendo tutta la liturgia.

Toglierla, questa liturgia, per quanto io possa dire, non sarebbe sbagliato. Non sarebbe un problema che i parlamentari eleggano il Presidente della Repubblica. Perchè l’elettorialità immediata, in Italia, potrebbe portare al Quirinale, in alcuni casi, un perfetto inadatto a rivolgere la carica. Cosi come insegna un film con il compianto Robin Williams, che da apprezzato comico finisce regolarmente a fare il Presidente degli Stati Uniti. Naturalmente nella finzione cinematografica.

Togliere quindi questa liturgia significherebbe, nella forma, svecchiare la procedura. Ma nella sostanza continuare a garantire un Capo dello Stato che abbia un certo sostrato basilare su cui fondare un buon lavoro di Presidente. E non una eventuale pedina nelle mani della politica, con un appoggio popolare strappato a suon di slogan o di trucchi elettorali.

(Foto: https://pixabay.com/it/vectors/scrutinio-elezione-votazione-1294935/)

LIBRI – “Il nostro meglio” di Alessio Forgione

Mi ha molto colpito una recensione trovata su un settimanale riguardo questo libro. Una recensione che, da brava recensione, mi ha “alleccurito”, come dico di solito quando qualcosa mi mette l’acquolina in bocca.

Alla fine ho comprato il libro dal libraio. E questa cosa di comprare i libri dal libraio, spero abbiate pazienza, la voglio approfondire. Perchè comprare libri sugli store online o in digitale può essere una buona fonte di risparmio. Ma comprare, di tanto in tanto, un libro da una libreria di fiducia o da una grossa catena libraria, a grandi linee la cosa è più o meno equivalente, significa rendere stabili dei posti di lavoro. Quindi, se potete, comprate libri in cartaceo dalla libreria. È una sorta di buona azione…

Dopo averlo comprato, tornando a questo libro, l’ho lasciato un poco di tempo da parte. E successivamente l’ho letto.

Non mi sarei aspettato un percorso simile. Un cercare di raccontare, come dice la quarta di copertina, la storia di questo piccolo microcosmo familiare. Una famiglia dove trovare, forse, un pezzetto di se stessi. Della propria gioventù e di tutto quello che si fa quando si è in questo momento della propria crescita. O forse di quello che può capitare quando una brutta notizia scompagina le carte in tavola. Scompagina le proprie certezze e le proprie solidità.

Quello che colpisce è la prosa del testo. Una prosa non convenzionale. Che bisogna assaporare come si assapora un buon olio sulla giusta fetta di pane casareccio. Il pane, ovviamente, siamo noi lettori. Con la nostra attenzione e con la nostra coscienza.

Quindi, se posso avanzare un suggerimento, leggete questo libro nella più assoluta calma di casa vostra o del vostro letto. Ho provato ad utilizzare la lettura accelerata. Ma mi sono reso conto che ogni riga saltata perdevo un pezzo di quello che Alessio voleva raccontare.

Siate calmi a leggere questo libro. E non ve ne pentirete…

POESIA – “Il mercato delle idee” di Francesco Belluomini

Raccontando da una parte la storia propria e dall’altra la storia con la S maiuscola di un tempo dei più brutti del secolo passato, Francesco Belluomini scrive in versi endecasillabi veramente molto leggibili questo libro.

È difficile dire se si tratta di un poema intero o di diversi poemi, o di una raccolta di poesie lunghe ciascuna con il proprio inizio e la propria fine. Quello che si può dire è che si tratta di un bel momento di poesia. Senza volersi paragonare ad un altro poema illustre anch’esso in endecasillabi. Famoso in tutto il mondo…

Leggere questo libro mi ha portato a capire non solo il poeta, che ha costruito uno spaccato della sua vita. Ma anche uno spaccato di quello che è successo durante il capitolo dei campi di concentramento nazisti. Del delirio sui bambini gemelli che venivano sfruttati per capire come far fare parti gemellari alle donne tedesche. E delle donne e uomini che hanno gravitato attorno a tutto quello che è successo laggiù.

Assaporare questi endecasillabi è cosa veramente scorrevole. È un piacere dei più piacevoli. Che non ti fa fermare. Dall’inizio alla fine: non puoi smettere di leggere. Un pezzo che finisce vuole essere seguito dal successivo. Fino alla fine del libro.

Versi incasellati in periodi esatti. Quasi a voler dare dimensione e struttura alla narrazione. Una dimensione esatta e precisa di chi sa cosa vuole raccontare. E lo racconta puntualmente.

Ma dolcemente…

Saper gestire le proprie utenze. “Ma io pago!”

Credo che sia il mantra più diffuso. Cioè il fatto di mettere i soldi per pagare le bollette piuttosto di mettersi ad amministrare le proprie utenze. Ma è necessario fare un passo indietro e arrivare fino a questo punto della situazione per capire dove si trova la questione.

Prima che arrivasse il gas e la luce e il telefono e l’acqua nelle case delle persone, si faceva all’antica. Cioè ci si procacciava il caldo e l’acqua andando alle fonti primarie. Fuori da casa propria e più o meno dovendo pagare i fornitori.

Quando poi sono arrivate le utenze nelle singole case, la questione è sempre stata più o meno facilitata. Perchè con il fornitore unico, fino a che è esistito il sistema unificato, la gente doveva solo pagare la bolletta in base al consumo che faceva. Il resto lo portava a termine la compagnia unica. Il sistema adesso si sta evolvendo in uno più aperto. Dove le persone, se non vogliono finire nei debiti, devono scegliere come e quanto consumare le proprie utenze.

Il cittadino, da parte sua però, qualcosa la ha sempre fatta: ha sempre e solo pagato l’utenza. Considerando il pagamento la cosa più fondamentale da fare per assolvere al suo compito di utente casalingo. La molto semplice frase: “Ma io pago la bolletta!”.

Questo comportamento, fino a diversi anni addietro, poteva essere sufficiente. Prima ancora era fondamentale. Oggi invece non basta più è non più possibile ripararsi dietro questo mantra ricorrente, di bocca in bocca, tra le persone che ne parlano.

Oggi bisogna autogestirsi fino alla base. Bisogna garantirsi un contratto con i fornitori del libero mercato. Bisogna ricordarsi, quando necessario, di rinnovare i contratti prima che i fornitori stessi, in base alle norme contrattuali, si riservino di mettere la propria utenza nei contratti collettivi a propria discrezione. Bisogna pensare che dopo qualche anno i contratti devono essere rigenerati con adesioni a prezzi più in linea con le medie del mercato. Pena essere prosciugati nelle proprie finanze.

Non si può più pensare all’eternità delle proprie utenze. Non si può considerare il pagamento l’assolvimento dei propri doveri di cliente. Bisogna avere attenzione a quello che si spende e come lo si spende.

E soprattutto bastano pochi accorgimenti per trovarsi a non essere dissanguati nelle proprie necessità di gas, luce, acqua, internet e telefono. Alle volte basta una piccola variazione, per trovarsi in una condizione di vantaggio piuttosto di una condizione svantaggiosa.

La frase “Ma io pago la bolletta!” non è più sufficiente per pararsi il fondoschiena. Ci vuole più impegno…

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/bollette-della-gru-fiori-fiori-viola-6575438/)

Fare la spesa al discount: diventerà per più persone?

Il supermercato è una invenzione recente, se cosi possiamo dire. Una volta esistevano i singoli negozi e gli empori. Per cui se volevi una mozzarella dovevi andare dal lattaio. Se volevi la verdura dal verduraio. La carne dal macellaio e il pesce dal pescivendolo. Oggi invece la tendenza è trovare tutto quanto in un unico negozio. Differenziando tra situazioni di cibo confezionato o cibo fresco da farsi preparare al momento.

Ma di fronte agli aumenti che si prospettano nel futuro, come ci si potrà difendere? Perchè se uno ha solo 100 euro per fare la spesa settimanale, quei cento euro non possono essere superati. Non voglio però qui dare dei consigli o degli accorgimenti. Ma partire da un punto preciso: il discount non sarà più un tipo di supermercato per fasce di reddito medio basse per non dire basso bassissime.

Il discount può essere visto come una sorta di ultima spiaggia per chi non ha un euro in più da spendere rispetto al proprio budget.

E quindi compra li dentro la propria spesa.

Il resto dei supermercati più “alti” potrebbero desertificarsi, con la migrazione verso i discount. Perchè i 100 euro di una volta li si deve spendere nel discount piuttosto che nel vecchio supermercato sempre frequentato.

La domanda che ci s potrebbe fare, di fronte a questo stato di cose, non potrebbe essere: in quale modo mi rapporto io con i miei 100 euro nel supermercato?

Un punto di partenza di riflessione potrebbe essere che quando entro nel supermercato prendo un carrello e compro quello che ho scritto nella lista. Non provo a stare attento a quello che compro. So che posso pagare la spesa, e quindi non mi faccio problemi. Se poi per comportarmi nello stesso modo devo smettere di andare dove sono sempre andato, e devo frequentare un discount, fa poca differenza.

Se invece provo a dare attenzione per i miei 100 euro, mi potrei ancora trovare in un circuito supermercatale con punteggi e bonus. E non dovermi rapportare con una realtà dove la convenienza esiste ed è indubitabile. Ma che non permette promozioni differenti o non permette di “giocare” con scontistiche periodiche a cui fare affidamento e su cui costruire i propri acquisti più a lungo termine.

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/impresa-di-shopping-shopping-1275482/)

Le prerogative del nuovo Presidente della Repubblica

In questo momento in cui si sta aspettando che si svolgano le elezioni del nuovo Presidente della Repubblica, non si può che iniziare a gettare qualche linea guida che il nuovo soggetto o la nuova soggetta dovrà rispettare.

Ci sono delle condizioni che fanno parte del percorso in cui si inserisce storicamente e istituzionalmente. Una nuova condizione però dovrebbe far parte della condizione in cui agire nel mondo moderno. Ma si potranno scoprire mettendo qui nero su bianco una per volta.

  1. essere apolitico/a

Non si può evitare che, anche da provenienza politica, il nuovo Presidente o la nuova Presidentessa eviti nella modalità e nella maniera più assoluta di rappresentare una parte politica. Beneinteso: si possono avere delle tendenze o delle prerogative. Ma si deve in ogni modo evitare che di fronte a governi aderenti o non aderenti ci siano delle frizioni o dei fraintendimenti.

  1. essere apartitico/a

Nel momento stesso in cui si diventa candidato o si raggiunge la carica, la tessera di partito deve immediatamente sparire. Perchè per un Capo dello Stato che si rispetti, la partitocrazia è come i pidocchi per un cane o un gatto: possono portare conseguenze di salute problematiche se non evitati sul nascere.

  1. essere equidistante

Un Capo di Stato, in quanto a capo dello Stato, non può che essere al vertice del paese. In quanto tale, anche se non proprio nel mezzo, deve fare la differenza. Deve rappresentare il più possibile tutti gli italiani. Sia rossi che neri che gialli che azzurri che verdi. Insomma: tutti i colori. Già la politica ne fa di tutti i colori… Quindi il Capo dello Stato deve riassumere dentro di se tutti i colori della politica italiana. Ma senza essere più da una parte o più dall’altra.

  1. essere social

Oggi non si può prescindere dalla presenza su internet. Bene inteso: non come un privato cittadino. Ma come il rappresentante degli italiani. Che come tanti altri italiani fanno presenza sul mondo dei social oltre alla semplice iscrizione sui principali canali internet. Già esiste il canale Youtube. Ma si può fare molto di più. Come già Sua Santità Papa Francesco fa con la sua utenza Twitter.

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/italia-roma-vittoriano-516005/)

L’usato sicuro dei sequel nell’intrattenimento video?

Dopo il grande successo di Matrix nella sua trilogia, ben 20 anni fa, al cinema ritorna un film che si riaggancia alla storia base. E cerca di riportare al cinema le persone che, come me non lo nascondo, ha fatto di questo film una vera e propria pietra miliare.

Poi c’è la questione di Harry Potter, che dopo aver fatto meravigliare generazioni di bambini, ritorna per il suo pubblico con gli attori attualmente adulti e con tanto amarcord.

Non si può poi dimenticare la storia delle serie televisive. Rappresentata dalla serie “Friends” da cui sono stati lanciati nell’olimpo della televisione, anche a pagamento, i sei protagonisti. E che recentemente sono ritornati nel loro set video per trovare ancora i suoi follower, come si chiamano oggi. All’epoca si chiamavano affezionati. Se non “addicted”.

Voglio concludere con una serie che nel suo piccolo ha fatto epoca: “Will & Grace”. Che ha sdoganato le tematiche Lgbt al grande pubblico dopo tanti tabù e tanto macchiettismo. E che ha ripreso le fila della sua storia per ritornare sul piccolo schermo. Per la gioia di tanti come me che in quella serie hanno trovato tanto…

Alla base di tutto questo detto una cosa sola: il sistema dell’usato sicuro. Un modo di interpretare una varieganza di serie televisive con il meccanismo di riagganciare gli spettatori su qualcosa che ha già funzionato nel passato. Ma con un particolare preciso: il mondo delle serie televisive e del cinema è cambiato rispetto a quando quelle serie o quei film sono andati in onda. L’intrattenimento ha cambiato le sue dimensioni.

Non voglio dire che certi progetti non devono essere portati avanti. Si tratta di far lavorare attori e tutto il resto del gruppo di registazione. Ma piuttosto non sarebbe meglio sviluppare le stesse dinamiche con più attualità?

Si può parlare di tecnologia alla Matrix. Ma esiste il Metaverso adesso. Di cosa si può parlare con uno svolgimento più agganciato alla realtà?

Si può tornare in una scuola di magia. Ma si può prescindere dallo straripamento di tecnologia e delle sue potenzialità agganciate ad un mondo più fantasy?

Si possono trovare degli amici che socializzano in una serie. Ma Whatsapp e i social dove li vogliamo mettere, con la loro permeabilità nei rapporti sociali di oggi?

Le tematiche Lgbt stanno diventando importanti. Ma siamo ancora a certe macchiette o a certi stereotipi classici? Non è evoluto il mondo della omosessualità? Dove le vogliamo mettere le coppie e le unioni civili in Italia? Se non nel resto del mondo? La procreazione per le coppie omosessuali? I diritti civili?

E poi a riguardo non bisogna poi per forza fare affidamento a un pezzo del passato: Black Mirror su Netfilx fino a che punto potrà ancora essere tanto avvenieristica e futuristica con la velocità di modernità attuale?

L’usato, dopo troppo tempo, diventa antiquariato. Quindi non bisogna abusare…

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/netflix-peliculas-youtube-digitale-3733812/)

Prendere in famiglia un cane. Nel Covid…

Gli animali domestici hanno rappresentato per tante persone chiuse in casa durante i mesi del lockdown un bene o un male. Un bene perchè sono stati un appiglio a cui aggrapparsi nella solitudine o nella difficoltà di riempire le giornate. Un male perchè se i padroni si sono ritrovati intubati in ospedale, hanno dovuto soffrire l’isolamento e la reclusione in un canile. Per un periodo. O per sempre, perchè il padrone è morto.

Attualmente non siamo in tempi di lockdown. Ma se ci si trova confinati in una stanza d’albergo sanitario o ricoverati in ospedale, cambiano gli addendi ma la somma è sempre la stessa.

I canili e i gattili, perchè non esistono solo i cani, non saprei dire se stanno scoppiando. Ma se uno in questo momento volesse un cane o un gatto, per fare compagnia o per arricchire il proprio nucleo familiare, non cercherei per forza un lignaggio animalesco o della purezza sanguigna. Cercherei piuttosto, o offrirei se cosi possiamo dire insieme, salvezza per un animale. In molti casi abbandonato anche contro la propria volontà. Soffrendo un padrone a cui ha voluto bene ma che non potrà più vedere.

Gli animali danno molto affetto. E, anche se è un mantra un poco settario, chi non ha un animale non può capire. Proprio per questo, con coscienza e con razionalità, si può rompere una solitudine personale adottando un animale domestico. Io parlo di cani e gatti. Ma la varietà di animali domestici è molta. E ciascuno può trovare affetto dall’animale che preferisce.

Solo una cosa per concludere: gli animali domestici non sono tutti quanti quelli esistenti in natura. Gli animali venduti come tali, ma che tali non sono, non devono diventarlo. Fanno parte di un mondo che non è il nostro. E laggiù, nel loro habitat naturale, devono restare…

L’ecologia in pubblicità che “farebbe” vendere

In pubblicità le aziende fanno a gara a essere sostenibili. Ma poi nella GDO la cosa ha un vero raffronto?

L’ecologia sta diventando il nuovo traguardo delle aziende che fanno commercio. Osservarlo è facile: basta ascoltare attentamente le pubblicità che circolano in televisione o sugli altri mezzi di comunicazione. La sostenibilità ambientale o le emissioni zero non mancano quasi mai a nessuna azienda che produce merci o alimenti.

La domanda a questo punto, come diceva un mito della mia infanzia televisiva Antonio Lubrano, sorge spontanea: se non ci fosse di mezzo il commercio e la visibilità, le aziende si darebbero lo stesso tanto da fare?

Credo sinceramente di no. Non si può che sentire una pressione generale della opinione pubblica per cui se non sei eco compatibile nel tuo commercio, non puoi commerciare.

La sensazione è quella di stare ancora negli anni ottanta per cui la cosa più importante è quella di commerciare e far sognare le persone. Infatti è una sorta di sogno pensare che le aziende siano eco sostenibili o possano fare qualcosa a riguardo per l’ambiente.

L’industria è sempre stato qualcosa di differente dall’ambiente naturale. Madre Natura, da che esiste la vita sul pianeta Terra, ha sempre creato da se stessa degli equilibri di autogestione delle sue creature. L’industria non è concettualmente capace di farlo.

L’industria produce a linea unica e non ha nessun altro interesse che incrementare quella linea unica fino alla totale esaltazione. Se adesso non ci fosse la mano umana a rendere sostenibile in parte quella linea, saremmo ad un punto di non ritorno della vita umana.

Quello che però sottolineo è che la sostenibilità è a fini commerciali e non a fini di personalità. Se magari ci fosse meno sostenibilità apparente e più sostanziale, non ci sarebbe bisogno di dimostrare la realtà. Perché quella realtà sarebbe tangibile fuori dal farlo sapere via avvisi.

Io potrei stare zitto, visto che quando faccio la spesa sono il minimo della sostenibilità, data la mole di plastica che faccio circolare con i miei acquisti. Ma una cosa la posso dire: già dalla grande distribuzione organizzatasi può valutare il reale impatto della questione. Quando non avrò bisogno di mantenere tanta plastica in circolo, può darsi che la sostenibilità sia un dato di fatto e non solo una virgola della pubblicità per vendere il più possibile…

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/carota-verdura-verdura-di-radice-3476034/)

Prendere un caffè al bar con green pass

Prendendo un caffè al bar, in un momento di relax, vedi ciò che può essere il delirio di un barista.

Infatti chi sta dietro ad un bancone, deve obbligatoriamente controllare il green pass ai clienti che vengono a consumare, come ho fatto io, un caffè al banco.

La problematica al limite del delirio, per il barista, non è il controllare il green pass, ma il dover dirigere il “traffico” delle ore di punta e assicurarsi che il 100% dei clienti abbia ricevuto il controllo adeguato del green pass.

Basterebbe ipotizzare che anche solo un cliente, magari disgraziatamente positivo senza sapere di esserlo, non venisse controllato e un possibile tracciamento non avrebbe efficacia per eliminare quella precisa linea di contagio.

Si potrebbe pensare che quel cliente fosse positivo anche avendo il pass controllato. Ma nella calca delle ore dell’aperitivo in un bar molto frequentato non si potrebbe fare molto. Se non appesantire ulteriormente il sistema di tracciamento della Sanità con quella situazione in coda a tutte quelle in esame.

La domanda a questo punto può essere questa: aumentare le necessità di controllo delle persone non è più una complicazione che una facilitazione per la situazione generale del tentativo di monitoraggio dei contagi? Complicazione da saturare con una altra persona da pagare per i controlli?

Oppure: fino a che punto potrà diventare tollerabile da un barista o da un titolare di bar o ristorante il doversi quasi duplicare per stare dietro agli obblighi pur comprensibili di controllo delle persone per non creare contagio o diffusione del Covid? Vedi sopra l’assunzione in più?

Ma credo che veramente la questione sia più questa: non può essere difficile da gestire troppo transito di persone nei locali pubblici? Difficile al punto da non permettere un adeguato monitoraggio sia delle autorità sanitarie, affogate di tracciamenti? Sia dei titolari di esercizi pubblici, eventualmente stritolati da prestiti o finanziamenti da ripagare? E che quindi vorrebbero più clienti evitando altre assunzioni?

Con questo non voglio dire di rinchiudere di nuovo le persone in casa. Ma una mezza misura potrebbe essere analizzabile. Altrimenti che sicurezza c’è nel controllare un green pass quando l’ambiente in cui si va non è salubre per le troppe presenze? Pur se regolarmente controllate?