Il Salone del Libro di Torino 2019 ha avuto un grande protagonista: il libro di Salvini dell’editore Altaforte. E si tratta di un libro che nel Salone ci è entrato senza far parte dei libri in esposizione. Ce lo ha portato la sua scrittrice, pagando il biglietto di entrata al Salone, come qualsiasi lettore. E non si sa come mai quel libro è rimasto e rimarrà nella storia quasi sicuramente per essere stato un libro rifiutato dal Salone del Libro. Più antinomia di questa non si poteva trovare.
Ma alla fine questo è successo. Senza contare la querela o credo le querele che l’editore di Altaforte Polacchi si sta prendendo per tutto quello che è saltato fuori. Alla fine quindi ci si ritrova in un Salone che può aver fatto tutti i numeri economici di questo mondo, ma non ha fatto a mio avviso quello che veramente doveva fare: diffondere cultura. Compresa quella che non fa parte del sentire generale ma è pur sempre cultura. E’ pur sempre un libro che adesso è blasfemia, ma diventerà certamente domani libro di lettura corrente. Con tutti i difetti del mondo, ma lettura corrente.
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Leggere qualcosa al Salone del Libro: l’emarginazione non paga
E’ difficile credere che ci sia da fare della polemica su una cosa del genere. Per un motivo soltanto: fare della ghettizzazione non ha mai fatto del bene. Ma bisogna fare un passo indietro. E partire da cosa veramente sta facendo scandalo della attuale edizione del Salone del Libro a Torino: la casa editrice legata al fascismo.
Infatti ha fatto discutere la presenza di una casa editrice, ora eliminata, che è legata ad associazioni che fanno apologia del fascismo. E a parte il legame con certe associazioni, che hanno tutta la condanna possibile in quanto passibili di reato, bisogna sottolineare il particolare che si tratta, alla fine del discorso, di una casa editrice. Nella meccanica editoriale quindi come Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli, Solferino, Giunti e tante altre, per citare le maggiori. Quindi la domanda è: perché certe case editrici possono far parte del Salone e altre no? Non si capisce il fatto che l’emarginazione è un gioco in perdita per chi lo mette in atto, a vantaggio di chi viene emarginato? Sarebbe impossibile se, dopo tanto strilloneggiare sui quotidiani e su internet le vendite di quella casa editrice, non schizzassero alle stelle.
Ribadisco: l’apologia del fascismo è e deve rimanere un reato. Ma non si può fare il gioco del dito e della luna se non si capisse il fatto che il fascismo non deve rinascere, quindi non si può puntare il dito sul fascismo. E bisogna puntare il dito sulle problematiche del paese che, prima o poi, si faranno sentire perché nessuno parla di loro. Come successe all’epoca con il fascismo.
Magari un editore come quello “emarginato” potrebbe far sapere tramite uno dei suoi libri qualcosa che potrebbe essere utile per combattere il nuovo fascismo, che può nascere domani con un altro nome. Lasciando stare quello vecchio, oramai materia per nostalgici…
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