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Detrazione materiale sportivo: una concreta possibilità?

Lo stato può essere un concreto aiuto per chi vuole fare attività sportiva. A patto che non ci si approfitti dei soldi

Praticare sport, in questo caso a livello dilettantistico o per la salute personale, può diventare un problema per chi ha poco portafogli. Si potrebbe dire che non c’è bisogno di spendere migliaia di euro in attrezzature per fare 30 minuti di camminata al giorno. Basta comprare un paio di scarpette da ginnastica e una maglietta e dei pantaloncini, o per lo meno una tuta per l’inverno. Tutto giusto. Se non fosse per il fatto che in alcuni casi fare attività fisica deve scavalcare i confini di quella attività fisica che si può chiamare di mantenimento.

Intraprendere una attività fisica più completa può essere un valido rimedio alla mala salute in cui tante persone si trovano. Perchè una attività fisica più performante, e che soprattutto può essere una valida leva di crescita personale, è meglio. Meglio di tanti tentativi fatti prendendo un cane e poi doverlo riportare al canile perchè non si hanno i soldi per poterlo mantenere. Cosa c’entra un cane? Perchè una valida spinta ad uscire di casa a camminare la da il fatto che un animale domestico ti obbliga a farlo. Ma si ritorna sempre al punto di partenza: le fasce più deboli certe cose non possono permettersele.

Da qui la problematica. Una grande fascia, anche se non grandissima, di popolazione che avrebbe giovamento dal muoversi ma non ha grandi mezzi per farlo. A questo punto sarebbe facile invocare l’aiuto dello Stato con soldi pubblici. Ma questa propriamente non può essere la soluzione diretta. Ci vuole un aiuto a 360° che porti le persone a trovare la propria dimensione di attività fisica ma che a questa si aggiunga il resto. Lo stato può metterci dei soldi. A patto che ci sia veramente una necessità di fare attività fisica, dal ragazzino fino all’anziano.

Ma che quella necessità porti poi a dei risultati concreti. Che la delinquenza minorile diminuisca con i ragazzi che fanno sport e non spacciano o rubano o picchiano. Che gli uomini e le donne in sovrappeso abbiano le attrezzature ma che seguano dei programmi medici che li portino a perdere veramente peso. Che gli anziani non debbano finire con un assistente o una badante che li porti in carrozzina quando potrebbero aver seguito un percorso che sotto quell’aspetto li renda autonomi.

Ci sarebbe dello sport per tutti. Ma lo Stato deve avere garanzie che lo sport la gente lo faccia per davvero. Si potrebbe detrarre il materiale per fare sport, ma in Italia non si può continuare a buttare soldi dalla finestra: ci vuole un risultato di ritorno.

26 giugno: I nostri figli che non sognano: non li facciamo sognare.

Quando sei un bambino alle volte ti chiedono gli adulti: che cosa vuoi fare da grande? E tu gli dici quello che vuoi fare. Li per li l’adulto di turno ti da retta, ma poi ti dice: non ti piacerebbe fare quello che fanno il tuo papà o la tua mamma? E tu li sei un attimo smarrito perché tu hai una tua idea di quello che vorresti fare, ma sotto il tuo sguardo e la tua attenzione scende diciamo cosi l’ombra dei tuoi genitori e della loro attività lavorativa.
Più in la con gli anni cresci più i monoliti delle professioni dei tuoi genitori sono li a far sentire la loro presenza per un verso da parte dell’ambiente familiare, per il resto dalla pressione sociale di amici e parenti che ti vogliono mettere sulla strada dei genitori. E chi loro chi gli altri ci riescono, quasi sempre. Alla fine quindi sei un replicante della tua famiglia.
Ma sorge una domanda a questo punto: fino a che punto quel bambino è felice di quella vita che ha addosso adesso? Perché questo è un punto importante da cui partire: la felicità della persona. C’è chi dice che è felice di quella scelta familiare. Ma sotto sotto lo dice e basta, covando un rancore verso qualcosa o qualcuno che non gli ha permesso di realizzarsi. Ed è in questo che il modello italiano, ma anche altri modelli, trova un fallimento molto importante: la creazione di felici infelici. E per definizione incapaci di rendere al massimo nutriti dalla propria infelicità.
Se si capisse da parte di tradizioni familiari troppo radicate che da un lato si creano degli infelici dall’altro si impoverisce di forze fresche l’ambito familiare in cui si vive, magari ci sarebbe più volontà imprenditoriale perchè professionisti realizzati creano e producono più di professionisti irrealizzati o realizzati forzatamente verso un percorso che non li fa rendere abbastanza. Una persona che può faticare quanto si voglia, ma è contenta di stare facendo quello che sta facendo sarà sempre più utile di qualcuno che lo snervamento sociale e familiare ha obbligato, si può dire fino ad un certo punto, a fare della sua vita quello che gli altri hanno voluto. E ha creato cosi l’ennesimo infelice e stressato.

Blogosphera estiva del 15 giugno 2016

Il Blog dell’Estate:
La domanda di oggi…
Le due Righe:
Molto probabilmente…

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“È un errore pensare che si possano risolvere problemi seri con le patate.”
(Questa non l’ho capita… MB)

DOUGLAS ADAMS

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