È giusto conoscere quello che gli altri vogliono dire

Bisogna partire da un particolare: le persone possono avere qualcosa di interessante da dire. Partendo da questo, non si può che arrivare a dire che il proprio prossimo è una probabile fonte di conoscenza. Ne faccio un caso personale: nel mio lavoro il prossimo è una fonte di informazione. Naturalmente deve esserci una capacità di selezionare e settorializzare, ma il prossimo è una “fonte”.

Come si fa a sapere qualcosa sull’economia se non interpello un economista? Come si può conoscere il mondo del motociclismo o del calcio se non parli con un esperto delle discipline? Come si può sapere quello che uno pensa se non si parte dal volerglielo domandare?

Pensare che il proprio pensiero sia la base della conoscenza umana, non è altro che un riflesso illusorio. Razionalizzare se stessi come centro del mondo alle volte può essere corretto. Ma solo partendo dal presupposto che noi abbiamo nella nostra vita personale una capacità di conoscere più grande. O per lo meno paritaria alla capacità di conoscere quello che gli altri ci vogliono dire.

Perché noi, senza il nostro prossimo, non abbiamo nessuna speranza di essere onniscienti. O per lo meno pluriconoscenti.

Marzo 2022

(Foto: https://pixabay.com/it/photos/folla-gente-persone-gruppo-insieme-3582337/)

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