È passato diverso tempo da che la Brexit ha tolto l’Inghilterra dall’aggancio con l’Unione Europea. Con la conseguenza di aver slegato i commerci da tutta una serie di facilitazioni. Chi ci sta soffrendo più di altri è proprio l’Inghilterra stessa, che ha perso un grosso mercato di distribuzione dei propri prodotti. Non saprei se tanto o poco, questa sofferenza. Ma di certo la sofferenza c’è stata.
In tutto questo l’Italia cosa ha combinato? Di certo avrà cercato sbocco per i suoi prodotti. Avrà cercato l’Inghilterra per ritornare a vendere il made in Italy. Non credo che di fronte alla Brexit il commercio italiano abbia fatto spallucce e si sia messo a commerciare solo dove già c’è una possibilità di vendita.
La brexit non credo non sia stata uno stimolo per il commercio italiano. Credo però che il commercio italiano abbia rinegoziato i suoi termini di commerciabilità. Sembra la scoperta dell’acqua calda, ma nominare la cosa ha un suo senso. Se prima con la Ue gli accordi correvano su un percorso, adesso quel percorso corre su un altro binario. E molto probabilmente è un binario con uno scartamento diverso. E in base a questo scartamento, sia l’Inghilterra che l’Italia devono concordare le proprie posizioni. Con una indubbia dispersione di energie per entrambi. Cosa che prima la Ue facilitava.
L’Italia è riuscita nel suo intento? L’Inghilterra lo stesso? Più che altro è indubbio lo sforzo delle parti a trovare dei punti di congiunzione. Che fanno chiedere il perché dell’Inghilterra dell’essersi levata da una posizione di vantaggio commerciale. Pur se, come si può apostrofare matrimonialmente, da separati in casa.
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